Cappuccetto Rosso Sangue – Recensione

Cappuccetto Rosso Sangue

In un villaggio medievale tormentato dalla presenza di un feroce lupo mannaro, si consuma il sofferto triangolo amoroso tra una giovane donna e i suoi due pretendenti, il ricco figlio di un fabbro Henri e l’umile ma appassionato taglialegna Peter. Mentre la Luna di Sangue incombe sul villaggio portando con sé una macabra maledizione, i tre personaggi saranno costretti a scelte difficili per salvare la propria vita e quella di chi sta loro a cuore.

Prima era “soltanto” un fondatissimo sospetto, ora ho le prove definitive: Catherine Hardwicke è una regista incapace. Incapace di creare un prodotto che possa rivolgersi con cognizione di causa a una fascia d’età superiore ai 13 anni, quel fatidico blocco anagrafico che la regista aveva celebrato col suo primo film, Thirteen, ma che a quanto pare è divenuto il suo unico e fondamentale target di riferimento.

Il cinema della Hardwicke, Cappuccetto Rosso Sangue lo conferma senza ombra di dubbio (almeno da parte mia), è incapace di estendere il suo sguardo oltre lo stucchevole regno delle solite storielle patinate da rivista per adolescenti col batticuore facile e le sinapsi inceppate dall’overdose di informazioni superflue tipica della generazione Facebook. Di questo Cappuccetto Rosso Sangue mi sfuggono il senso e le motivazioni profonde.

L’unica ragione che posso trovare per spiegare un’operazione così dozzinale e facilona, che preleva uno o al massimo due elementi superficiali dalla celebre favola dei fratelli Grimm per poterli innestare con brutalità e ineleganza compositiva in una scialba love-story teenageriale, è la solita buona vecchia legge del marketing: capitalizzare sulle emozioni formato sms e sui bollori a buon mercato delle generazioni di giovanissimi che oramai si “bevono” qualunque cosa, dai civettuoli romanzi di Stephenie Meyer alla imbarazzante musica dei Tokyo Hotel.

Sostanzialmente, cappuccetto rosso sangue è un film molto americano, ma in senso negativo. Incarna cioè quell’approccio banalizzante e grossolano che caratterizza un certo (e per fortuna non predominante) modo del cinema usa di metabolizzare storie, miti e opere letterarie europee.

Si tratta di un metodo che la Hardwicke conosce bene, avendolo già impiegato in modo massiccio nel primo Twilight. E in Cappuccetto Rosso Sangue possiamo osservarlo con chiarezza cristallina: si parte da una leggenda tipicamente europea e la si rappresenta dispiegando sullo schermo un’infinita e a dir poco indigesta quantità di clichet. Si ricrea un “tipico” villaggio medievale nordeuropeo e lo si affolla di personaggi che dovrebbero andare a comporre, in un affresco organico e armonioso, quel mood caratteristico delle fiabe gotiche.

Ma tutto qui ha un sapore posticcio, fasullo. L’ambientazione ha un che di pacchiano e artificiale, da scenografia di un parco dei divertimenti. E lo stesso effetto contagia anche tutti gli altri aspetti del film, dai dialoghi alla sceneggiatura, dalla regia alla recitazione.

C’è un triangolo amoroso che farebbe la gioia di Maria De Filippi. I personaggi sono tutti tagliati con l’accetta, tratteggiati in modo puerile. Spicca in questo senso il “Papa” interpretato da Gary Oldman che, complice uno scellerato doppiaggio italiano, si caratterizza per una presenza grottesca e sopra le righe, ma al tempo stesso desolatamente piatta e bidimensionale.

E questa bidimensionalità è la vera maledizione di cappuccetto rosso sangue, ben più nefasta e dannosa della luna di sangue che la hardwicke celebra così banalmente e sciattamente nel suo film.

Insomma, ricapitolando: sceneggiatura povera, prevedibile e intrisa di banalità. Attori fuori parte e poco convincenti, chi per colpa propria chi perché costretto a recitare battute francamente disarmanti e involontariamente comiche (fate particolare attenzione alla nonna di Cappuccetto Rosso, le risate sono assicurate). Dialoghi da Grande Fratello in versione “Romanticismo a buon mercato”. Effetti speciali scialbi e poco convincenti. Ecco a voi Cappuccetto Rosso Sangue, il film di cui nessuno sentiva il bisogno (e Dio ci salvi da un potenziale sequel).