The Iron Lady – Recensione

The Iron Lady - Recensione

Più che Iron Lady direi Lady Oscar. Abbiate pazienza, so che ho già avuto modo di trattenermi a lungo su questioni del genere, su quanto, cioè, certi film e attori sembrino troppo smaccatamente orientati a vincere la statuetta. Ora, se ciò non comportasse così spesso una qualità generale piuttosto compromessa la cosa sarebbe anche perdonabile, no?

Lo penso anch’io, e invece The Iron Lady è esattamente questo: una piattaforma di lancio per la Streep (se di lancio si può parlare per una simile veterana). In un certo senso, è Il discorso del re di quest’anno, ma meno brillante. Un film che è un quadro mancato, pittoricamente meticoloso (fotografia di gran classe) nel ritrarre il suo soggetto quanto incapace di raccontare una storia che lo riguardi che sia degna di nota. Eppure il personaggio si prestava.

Qual’è infatti il punto? La senilità di Margaret Thatcher? Piuttosto monotona, e dominata dal vuoto lasciato dal marito defunto; la sua giovinezza e la scalata al potere? Troppe pause per essere davvero coinvolgente, troppo sfuggenti gli ostacoli che deve superare. Perchè da qualche anno va molto di moda raccontare storie lineari in modo cronologicamente non lineare, così, tanto per fare gli originali. E quindi ecco che la sceneggiatura mescola continuamente le carte delle “tre fasi” della vita dello storico primo ministro, e ogni volta che si sta per ambientarsi zac!, si cambia epoca e scenario. Come risultato, non si riescono a cogliere bene le problematiche.

Come se non bastasse, le perplessità aumentano mano a mano che un dato emerge sempre più prepotente: The Iron Lady potrebbe, in buona parte ed estremizzando un po’, essere il biopic di una donna qualunque. Come accadeva in J.Edgar, la vita privata prevale nella rappresentazione, ma spesso non se ne coglie la ragione, dato che è nella sfera pubblica che questi personaggi sono stati davvero straordinari. Ma se non altro, a differenza di The Iron Lady, nel film di Eastwood il gioco parallelo tra i piani temporali funzionava, e quasi salvava la baracca.

Ma alla fine, il problema e il pregio principale del film coincidono: Meryl Streep. La sua prova è eccellente, il make-up pure (le uniche due nomination del film, indiscutibili), ma intorno non c’è molto altro. Allora è lei che regge lo show? No, il fatto è che lo show, in effetti, non lo regge nessuno. E se sta in piedi, sia pure precariamente, lo dobbiamo alla sua flemmatica medietà, quella compostezza esibita che rende il gioco prevedibile e un po’ grigio, curato ma stantìo, e che in definitiva ci consegna un altro film un po’ troppo demotivato.